nel nostro mondo della montagna ,abbiamo criteri e scelte un pò particolari,quando uno di noi se ne va ,morendo im montagna ,di solito ,davanti agli altri lo difendiamo..E PER ME E' GIUSTO COSI'
IL
SOGNO DI ICARO
La
leggenda narra che Dedalo e suo figlio Icaro fuggirono dal palazzo del
Minotauro
costruendosi delle ali con la cera, ma durante il volo sul mare
Icaro,
stregato da quello che vedeva, volò sempre più in alto verso il sole
che,
con il suo calore, gli sciolse le ali e lo fece precipitare e morire tra le
onde.
Mi
capita spesso di pensare a questa scena e la cosa che più mi colpisce, a
parte
la fine tragica del figlio di Dedalo, è il desiderio del ragazzo di salire,
di
sfidare l’ignoto, fino alle estreme conseguenze.
Certo,
qualche volta il sognare, il porsi nella vita dei risultati che vanno al
di
là del semplice vivere quotidiano, può sembrare ai più (a chi si sa solo
accontentare
di ciò che può avere) una scelta rischiosa, una perdita di
tempo,
o addirittura, in qualche caso, un attentato alla sacralità della vita
che
ci viene quasi sempre organizzata in modo che il fare, il produrre siano
al
primo posto.
Per
me l’alpinismo è un po’ come il sogno di Icaro: salire, sfidare l’ignoto,
fuggire
per un attimo da questa vita noiosa e piatta per vedere il mondo e
me
stesso in un modo un po’ più profondo e più nitido.
Quando
qualcuno muore in montagna, il commento più ricorrente è quello
che
se la sono cercata e si liquida la faccenda con una scrollata del capo,
sicuri
che a noi certe cose non possono succedere.
A
parte il fatto che ognuno di noi nasce con il destino già segnato (nella
storia
di Samarcanda, il soldato, scappando dalla morte, le va incontro
quasi
a braccia aperte), penso che nessuno affronti la montagna con il
desiderio
di morire, ma di vivere in modo più intenso e di portare il proprio
corpo,
e soprattutto la propria anima, a livelli di conoscenza che in
situazioni
normali non si possono neppure immaginare.
Io
non voglio esaltare, come si faceva una volta, chi muore in montagna, o
considerare
eroi persone che seguono con molto impegno le loro passioni,
ma
mi sforzo di capire e soprattutto non condanno chi ha avuto il coraggio
di
spostare un po’ di più verso l’alto e verso il bello i propri limiti, e cerca
di
realizzare qualche proprio sogno e non sempre i progetti e le aspettative
che
altri hanno su di lui.
In
un mondo iperprotettivo e sempre meno disposto a fare sacrifici, un
mondo
dove non sempre la fatica paga, ma spesso vince chi è più furbo,
scegliere
di giocarsi e qualche volta perdere la propria vita, senza finzioni
né
trucchi che tolgono il senso all’avventura, può diventare una scelta
controcorrente,
ma foriera di un carattere che può portare nella vita di chi
ci
sta vicino, una nuova fiducia nei propri mezzi e una speranza nelle
proprie
forze.
Spesso
ha più senso, se uno ci crede, sapere anche nuotare controcorrente,
specialmente
se stare nella massa pecoraia umilia il nostro io e le nostre
capacità.
Per
concludere, è vero che il sogno di Icaro di innalzarsi sul mondo piatto e
noioso
può essere rischioso, ma sognare, specialmente se si è giovani, aiuta
a
vivere la vita più intensamente e in modo più appagante.
è giusto e bello parlare così, ma se capitasse a me ,a mio figlio ,di non tornare più???
io gli ho sempre insegnato prudenza , ( che spesso io non ho ) ,però a volte il destino è cinico e baro...( speriamo di no,.. )
il sogno di Icaro..e
L' INCUBO DI DEDALO
Ovvero… è bello
sognare ma…
Sempre la triste
leggenda del primo volo ci indica in Icaro lo
pseudosognatore che
sale così in alto, che il suo ardire lo farà morire, e
mette in secondo
piano, forse la figura che in questo momento più mi
avvicina, cioè
Dedalo, il padre del ragazzo.
Quest’uomo, oltre ad
aver contribuito a costruire il palazzo del Minotauro,
ha anche ideato il
sistema per fuggire, costruendo le ali che poi gli
avrebbero rapito il
proprio figlio con la loro sensazione di libertà.
È questa la mia
preoccupazione. Spesso il sogno di Icaro può diventare per
me l’incubo di
Dedalo. Un padre, appassionato fino al midollo di montagna
che da giovane ha
praticato l’alpinismo, cerca inconsciamente (ma spesso
per continuare a
vivere l’avventura) di trasmettere ai propri figli questa
passione … e fin qui
niente di male, sennonché qualche volta i figli (anzi
quasi sempre),
diventati grandi, se la malattia è stata trasmessa, superano
il proprio padre che,
visti i tempi superveloci della tecnica alpinistica, non
può non essere
sorpassato.
E i padri, che magari
da giovani hanno fatto discrete salite rischiando
qualche volta di
farsi male (ho fatto anch’io le mie cazzate in parete, ma è
andata bene!!!) si
preoccupano molto, dimenticando i loro trascorsi.
Di primo acchito mi
sorge spontanea una domanda: non ci sarà un po’
d’invidia perché i
nostri figli, a differenza nostra, realizzano più sogni?
Avere dei figli è
stata per me la gioia più grande e mi ricordo
perfettamente, a
distanza di anni, le sensazioni provate, le lacrime di gioia
versate, i sogni e le
aspettative immaginate.
Se avere un figlio è
la gioia più grande, spero di non provare mai quello che
è il dolore
corrispondente, cioè perderlo. Faccio fatica a vedere un Dio che
ama così tanto
l’uomo, da dargli dolori così atroci.
La vita è un dono, ma
penso che chiunque, piuttosto di perdere le persone
più amate, si
metterebbe al loro posto. Alla fine poi c’è la fede, e speriamo
che chi ne ha
bisogno, ne abbia abbastanza quando serve.
Però anche questo a
ben guardare è un discorso un po’ egoistico perché è
vero che qualche
volta la montagna è pericolosa, ma è anche vero che non
possiamo mettere, con
il pretesto che abbiamo dato loro la vita, i nostri
figli sotto una
campana.
L’esistenza è
preziosa, ma occorre anche avere delle aspirazioni, perché
altrimenti la
monotonia del vivere quotidiano senza mai un’emozione e
senza delle proprie
scelte, che comportino anche lo sbagliare, porterebbe i
nostri figli a non
vivere.
Vivere è anche
seguire le proprie emozioni ed aspirazioni. Vivere è anche
poter sognare di non
porsi troppi limiti nelle cose in cui si crede.
Ma sopra ogni cosa,
vivere è la capacità di scegliere con la propria testa che
tipo di esistenza ci
è più congeniale e di conseguenza adeguarsi ogni giorno,
sicuri che andare
dove ci porta il cuore può essere rischioso, ma può dare
anche un senso a
tutto.
E noi papà
preoccupati, se amiamo i nostri figli, dobbiamo farli scegliere e
anche se costa, nelle
notti insonni e nelle occhiate preoccupate al cielo per
controllare il clima,
dobbiamo essere sempre loro vicini e orgogliosi di loro.
Camminare da soli è
difficile, ma quando si riesce non c’è paragone, e di
sicuro con questi
presupposti, le raccomandazioni che avremo fatto loro
saranno più seguite.
NE PARLIAMO UN PO' ??? MI PIACEREBBE SAPERE COSA NE PENSI...
Emiliano
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